vista della rocca di san Leo
Uno scorcio del 'pozzo', la cella in cui fu rinchiuso il conte di Cagliostro
l'ingresso delle celle di tortura della rocca di San Leo
Urbino, vista del centro e del palazzo ducale
Le Marche sono una regione tutta da scoprire, ce ne rendiamo conto ogni giorno. Ricca di mille opere d'arte in ogni piccolo paese, di città antiche e piene di storia e di una grande gastronomia ancora oggi legata alla tradizione. Oggi parliamo della provincia più a nord, quella di Pesaro ed Urbino, al confine con la Romagna. Ci siamo presi una giornata di vacanza per andare a visitare Urbino, zona di nascita del pittore Raffaello che operò nella prima parte della sua vita alla scuola del Perugino. La città, che ospita una delle più antiche università d'Italia, ha evidenti le tracce dei Montefeltro e dei Della Rovere che governarono la zona ed in particolare il Montefeltro tra il 1400 e il 1500. Ne è testimonianza il palazzo Ducale che ospita la galleria nazionale delle Marche con grandi opere di pittori dal 1200 in poi, molto interessante da visitare anche per rivivere gli ambienti principeschi del tempo.
Tappa successiva è stata la rocca di san Leo, a un'ora di distanza fra strade di montagna e neve sui bordi. La rocca fu uno dei maggiori e più importanti baluardi del territorio dei principi di Urbino, luogo di difesa inespugnabile sia per la posizione che per la perfetta costruzione. Con l'arrivo delle armi da fuoco lo stabile venne modificato e con il passare dei secoli accrebbe la sua funzione di prigione particolarmente dura. Lì vennero rinchiusi molti rivoluzionari del Risorgimento italiano mandati in punizione da Roma, ma anche eretici di ogni tipo, personaggi scomodi e molti altri. San Leo ha avuto sempre la fama di luogo temibile e lo testimoniano ancora il museo delle torture che si trova al suo interno che, sinceramente, mette i brividi. Punta di diamante della struttura è la cella detta 'del pozzetto' in cui venne rinchiuso il conte di Cagliostro, uno dei tanti presunti alchimisti del 1700. Questi fu un truffatore leggendario che seppe sopravvivere di espedienti e vere e proprie truffe passando, nell'epoca dell'illuminismo, da una corte ad un'altra cambiando spesso identità e millantando capacità divine di mutare tutto in oro o di guarire ogni malattia. Finì i suoi giorni in una cella, oggi visitabile, di pochi metri quadri la cui unica piccolissima finestra si affaccia sulla chiesa del paese e di cui non esisteva allora la porta. Il 'conte' vi fu infatti calato dall'alto da una botola al piano superiore. Morì in solitudine, probabilmente sull'orlo della pazzia, dopo 4 anni di prigionia senza aver mostrato l'intenzione di pentirsi delle sue truffe ed eresie.
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